GAME POWER

STUDIO VIT

1991/1997 - 9/66

Sotto il manto di goliardia e sfrenata spensieratezza si nasconde una rivista solida e molto professionale, che ha plasmato con le sue recensioni una generazione di videogiocatori.

Molto spesso, parlando di riviste e videogiochi degli anni novanta, sento dire come fossero eccessivamente “leggere” e troppo poco serie nel modo di scrivere recensioni: ma è un’osservazione che non tiene mai in considerazione, come in altri campi, il periodo storico in cui sono vissute queste pubblicazioni. I novanta è stato un decennio sconclusionato, gli anni del walkman riavvolto con la Bic e del floppy disk, quelli del Furby e del Tamagotchi e ci ponevamo domande circa l’omicidio di Laura Palmer che si sommarono a quelle sulla fine di Carmen Sandiego.

In questo kaos di violenta libertà, le riviste videoludiche impazzavano nelle edicole, copertine che al tempo potevano essere eccessive, nei colori e nelle foto, ma che oggi hanno assunto uno status di icone pop tra i videogiocatori, che solo al rivederli, a distanza di quasi trant’anni, fanno uscire il bambino che è in noi e picchia violentemente sulle corde della nostra anima, facendoci sussultare tanto sono forti e violenti i ricordi che ci invadano i sensi.

Tra le molte proposte cartacee dedicate al mondo dei videogiochi su console, Game Power svettava sicura e virile, pur seguendo il trend del periodo, con un taglio giovane e goliardico, arrivava a contaminare persino il Colophon (la zona “sacra” riportante le note di produzione rilevanti per l'edizione); proponeva recensioni molto complete e approfondite. Questo ovviamente la metteva in diretta competizione con l’ammiraglia dell’editore Xenia, Consolemania, stesso target e stesso taglio umoristico, ma molto meno bilanciato, con una tendenza a divagare molto marcata. Ovviamente sono elucubrazioni e osservazioni forse dettate da un occhio poco obbiettivo, concedetemi qualche emozione, ma che non vuole denigrare Consolemania, è solo un’osservazione che trova spazio nei miei gusti personali. C’è anche da considerare che i ragazzi che scrivevano per Game Power erano più grandi della loro controparte, e che Consolemania comunque dopo un lungo periodo iniziale ingranò la giusta marcia, producendo numeri davvero spettacoli… non per niente è la rivista per console più longeva della storia italiana. Senza contare che il periodo era fertile e il mercato poteva tranquillamente ospitare più riviste con lo stesso tema, senza pestarsi troppo i piedi. Ma ne scriveremo a tempo debito.

Concentrandoci su Game Power (affettuosamente chiamata anche Gheim Paua o Gippì dai lettori e dagli stessi redattori) è stata una rivista di settore dedicata ai videogiochi per console. Creata e editata dallo Studio Vit, la rivista costituiva una sorta di completamento editoriale della sua sorella maggiore, la rivista K (realizzata dalla stessa redazione), che iniziò ad occuparsi di videogiochi per soli computer in contemporanea con l'uscita di quest'ultima. Vede i natali da due speciali di “K - GUIDA AL DIVERTIMENTO ELETTRONICO”, i ricercati e rari “K Speciale Console”, il primo uscito un anno prima mentre il secondo pochi mesi prima del lancio di Game Power, creati appositamente per testare il mercato degli allora fruitori di videogiochi per console. Un legame forte, tanto che il numero 1 fa spesso riferimento a questi speciali, in modo da considerarsi come parte integrante della testata.

La fortuna della rivista si nasconde in due piccoli segreti. Dopo l’uscita dello Studio Vit da K, senza entrare nei dettagli oscuri e controversi, e non riuscendo in seguito a riprendere il controllo del marchio, si videro quasi costretti a dare tutta la loro attenzione proprio a Game Power: questo burst di energia ha portato a dar vita a una rivista molto completa, dove “completa” è inteso più alla sua struttura e forma scritta di ogni sua parte: una rivista per videogiocatori doc, pochissimi fronzoli, tonnellate di recensioni, una spruzzata di news, gli immancabili trucchi… e basta. Potrebbe sembrare limitata, soprattutto se paragonata alle concorrenti del tempo, basti pensare alla spropositata varietà di rubriche di “Computer+Videogiochi” o alla già citata Consolemania, ma se l’esigenza era solo sapere che videogiochi erano presenti sul mercato e cosa comprare, Game Power era semplicemente perfetta.

L’altro aspetto che ne ha decretato il successo sono le penne che hanno vergato queste pagine: sotto i loro nick name strampalati e altisonanti, ma che oggi i videogiocatori di lungo corso pronunciano con venerabile rispetto, si nasconde la nuova generazione di redattori, che proprio da lì hanno iniziato la loro lunga carriera. Spesso accompagnati dai veterani del settore, in ogni numero macinava anche più di venti recensioni, tutte amabilmente in bilico tra divertimento e professionalità, che accompagnate da videogiochi di spessore che rendevano magici quegli anni, rendo ancora oggi ogni numero una piccola perla nella storia editoriale videoludica italiana.

La struttura su cui è creata la rivista rispecchia tutti i canoni standard imposti dalle riviste di settore di quel periodo, struttura ereditata dalle produzioni dello stesso genere anglosassone, e che è rimasta pressoché invariata per tutta la vita editoriale di Game Power. Si parte dal sommario o indice iniziale, dove si snodano mano a mano tutte le sezioni principali. Per decisione della redazione si mise un'editoriale solo nel primo numero, costituito da una veloce presentazione del progetto Game Power, e poche righe per ricordare quanto fossero noiosi, in generale, gli editoriali sulle altre riviste. Altra sezione importante era la posta ("L'Apposta"), dove si discuteva in modo goliardico di giochi e sistemi, il tutto condito dai disegni in stile fumetto inviati dai lettori stessi. Le rubriche che venivano presentate subito dopo la posta, erano incentrate sulle novità e sulla presentazione di giochi ancora in sviluppo e di prossima uscita ("News" e "Anteprime"). "Grand Prix", ovvero "Le Classifiche di Game Power", era una pagina dedicata alle classifiche di gradimento di vari videogiochi, divisi per sistema, stilata in base ai dati di vendita degli allora distributori di giochi per console (Mattel e Giochi Preziosi in primis). Ma il cuore della rivista era ovviamente composto dalle recensioni dei giochi (le "Prove"), per i vari sistemi a console di quel periodo, coprendo un 'arco temporale che andò dalla fine del 1991 fino a quasi fine 1997.

Nello specifico le recensioni subirono delle piccole variazioni nel corso delle varie uscite, ma la struttura di base rimase sempre composta da una descrizione del gioco, le classiche foto, dei box accompagnati dalle didascalie dei vari redattori (che comparivano sempre in versione avatar, dando pareri positivi o negativi), e una colonna posta a fine recensione con varie info, che andremo subito ad esaminare. Nei primi numeri appariva un box con un commento e il voto (espresso in percentuale), un secondo box riportava la scheda tecnica con le info relative al genere, la casa, il numero dei giocatori, il tipo di distribuzione, i livelli di difficoltà, il numero dei giocatori, se era possibile continuare e altre info più generiche. Un terzo box (denominato "Sotto Controllo") riportava l'immagine di un pad del sistema preso in esame, per illustrarne i principali comandi di gioco. In ogni recensione compariva sempre un piccolo logo riportante il nome del sistema sul quale il gioco veniva esaminato. A partire dal secondo numero, ogni gioco che superava il 90% veniva fregiato con l'appellativo di "Power Game", una sorta di gagliardetto raffigurante un pugno chiuso. L'impostazione grafica della colonna informativa subì vari cambiamenti durante le varie uscite della testata, vennero aggiunte in seguito anche le voci grafica, sonoro, giocabilità e sfida con i relativi valori numeri da 1 a 10 e la barra "Agire & Pensare" formata dalla lettera "A" sul lato sinistro, cinque piccole immagini grafiche raffifuranti dei cerchi e dalla lettera "P" sul lato destro. Un pallino di colore rosso posto su uno dei cerchi faceva capire quanta capacità di ragionamento richiedeva un gioco rispetto ad un'altro.

 

Degna di nota anche la sezione "Help" relativa a guide, trucchi e segreti. Un grande lavoro venne effettuato con le mappe relative alle soluzioni di molti giochi, davvero ultradettagliate e ricche di informazioni, ogni gioco veniva smembrato in ogni sua parte, e ogni area minuziosamente svelata alla ricerca di eventuali bonus, power-up e vite nascoste. La sezione "Help" ebbe un così grande successo da parte dei lettori e in alcuni numeri venne redatta come inserto staccabile di 32 pagine al centro della rivista.

L'ultima pagina della rivista era dedicata alla rubrica "Game Over", un contenitore di battute e aneddoti completamente inventati dove personaggi assurdi e improbabili (uno dei più famosi è la "Zia Marisa") si incontrano raccontando la loro storia più o meno demenziale.

Di Game Power ho sempre ammirato lo spirito divertito ma non esageratamente infantile degli articoli, l'impostazione grafica bella, chiara e colorata, la volontà di apportare continui miglioramenti e la puntualità delle recensioni, scorrevoli ma raramente allungate con particolari inutili e/o inventati dal redattore di turno. Mi piacevano in particolar modo lo stile politicamente scorretto di Tiziano "Apecar" Toniutti, le considerazioni colte di Matteo "MBF" Bittanti, ed il profumo inconfondibile delle pagine. Mese dopo mese, l'uscita di Gippì avrebbe scandito il passare del tempo mentre le console si succedevano bit dopo bit, e la foliazione si faceva sempre più ridotta, fino alla scomparsa definitiva del magazine.

Game Power andò avanti per 66 onorevoli numeri, dal finire del 1991 a fine 1997 anche se gli ultimi arrancavano vistosamente, soprattutto dal 57, tempo in cui la rivista venne acquistata dall'editore “Il mio castello editore”, tra il calare delle pagine e il format decisamente superato. Questo era dovuto, come abbiamo scritto più volte, dall’arrivo di Sony e la sua PlayStation: fino a poco prima il mercato era dominato dal binomio Nintendo/Sega (con il fanalino di coda Atari), ma l’arrivo del terzo incomodo, non solo spazzò via la vecchia guardia, ma cambiò, come sappiamo il modo di vedere e intendere i videogiochi. E questo ovviamente si rifletteva sulle riviste, che da sempre hanno un legame molto più stretto con il prodotto trattato. Alcune riviste riuscirono almeno per un certo periodo ad adattarsi, ma la maggior parte, come Game Power divennero presto superate… o semplicemente, “aveva fatto il suo tempo”. Simbolico, in questo frangente il misterioso ultimo numero, che moltissimi ignorano: in pratica, di Game Power sopravvisse solo il logo, il reso era un generico “speciale PlayStation”, al netto un misero catalogo dei primi giochi usciti. Una fine ingloriosa per una rivista fatta e scritta con il cuore, che avrebbe meritato molto di più.

Mauro Corbetta